venerdì 25 maggio 2012

Rating di legalità per l’accesso al credito delle imprese … facciamo il punto …

Negli ultimi mesi l’Italia ha cominciato a discutere e a legiferare in materia di “legalità delle imprese”. Dichiarazioni e leggi (ben due nel giro di 5 mesi) si sono succedute, per mettere a fuoco una proposta avanzata da Antonello Montante (vicepresidente di Confindustria) il 28 gennaio 2012 dalle pagine dell’Unità: individuare una white-list di aziende virtuose (che sperimentano e applicano modelli aziendali improntati a solidi principi etici), alle quali riservare una corsia preferenziale per l’accesso al credito e ai finanziamenti pubblici.
Considerando l’importanza che questa proposta (per le ricadute che può avere sull’accesso al credito delle imprese in un periodo di crisi), proverò a fare il punto sull’argomento rating di legalità.


1. La situazione italiana: le leggi e “il tempo della crisi”.

Viviamo in un periodo di crisi: lo sanno tutti. Se ne parla ogni giorno di più … anch’io me ne accorgo: mi occupo di consulenza alle aziende, per la definizione e l’adozione di modelli di prevenzione dei reati ex. D.lgs 231/2001 (Modelli 231) per le piccole e medie imprese. Ed è sempre più difficile, per me, trovare aziende in grado di investire in tali sistemi di gestione del rischio di reato. Proprio a causa della crisi economica.
Ma … non tutte le aziende sono in crisi: è ormai assodato che le mafie (soprattutto in regioni come la Lombardia) riciclano i proventi delle loro attività illecite in attività economiche, in vari settori: edilizia, costruzioni, commercio, ecc … E tali attività, anche in tempo di crisi, non sono in crisi, grazie al grande apporto di capitali “sporchi”, che vi vengono immessi, per essere “ripuliti”.
Si tratta di una situazione un po’ paradossale: una situazione in cui la legalità non paga e in cui sembrerebbe che, invece, che l’illegalità sia una risorsa. Anche l’impianto normativo non è di aiuto: il d.lgs. 231/2001, che definisce la responsabilità penale delle imprese, individua nei modelli organizzativi e di gestione (Modelli 231) lo strumento per promuovere una cultura di impresa eticamente e socialmente responsabile … peccato che le aziende oneste non abbiano i soldi per pagarselo, un Modello 231. Mentre per le aziende che vengono a patti con le mafie le sanzioni del d.lgs. 231/2001 rappresentano un “rischio d’impresa” … un rischio che, magari,può essere gestito dotandosi di un Modelli 231.
Col risultato che, in tempo di crisi, la legge sembra premiare i disonesti …


2. L’accesso al credito in Italia: Basilea e “il tempo di crisi”

Quanti sono gli Accordi di Basilea? Credo tre … ho un po’perso il conto. Ma ho l’impressione che tutta una serie di problemi per le imprese siano nati con Basilea 2 e non possano che peggiorare strada facendo.
Gli Accordi di Basilea, pensati per dare affidabilità e stabilità al sistema bancario, hanno avuto, come tutte le medicine, un effetto collaterale: hanno reso più difficile l’accesso al credito da parte delle imprese.
Il “cuore” del problema è rappresentato dal rating: prima di concedere un prestito, le banche devono valutare il rischio di credito del debitore, vale a dire la capacità dell’impresa, che chiede un prestito, di ripagare il proprio debito in futuro. Se l’azienda ha un rating elevato (la famosa AAA) il finanziamento costa meno. Se il rating è basso il finanziamento costa di più. Le classi di rating vanno da AAA a D, passando per una serie di classi intermedie (per esempio A o BBB o CC).
Il rating di una azienda si abbassa notevolmente, nel caso in cui l’azienda risulti essere “sensibile ad avverse condizioni economiche o a congiunture economiche sfavorevoli”. Ora, in tempo di crisi, in una crisi profonda come quella che stiamo vivendo, quali aziende non sono “sensibili” alla congiuntura economica sfavorevole? Certamente pochissime. E così, sempre più aziende vedono abbassarsi il proprio rating e devono pagare interessi sempre più alti per ottenere dei prestiti dalle banche,oppure si vedono negato del tutto il prestito.

 3. La proposta di Montante.

Nel quadro desolante delineato in precedenza, (cioè in una Italia in cui le imprese oneste hanno meno disponibilità economica delle imprese colluse con le mafie e si vedono, per giunta, negare l’accesso al credito), il 28 gennaio 2012 Antonello Montante ha lanciato la sua proposta: cambiare le regole del gioco, considerare la legalità come indicatore positivo del rischio di credito. Assegnare un rating più alto alle aziende “che investono e vivono nei mercati grazie a processi di legalità e a codici anti-corruzione”, facilitando il loro accesso al credito bancario.
La proposta, recepita dall’Associazione Bancaria Italiana e dal Parlamento è confluita nella legge 27/2012


4. La legge 27/2012 e l’istituzione del rating di legalità per le imprese

La Legge 27/2012 (la legge di conversione del Decreto Liberalizzazioni), all’articolo 5-ter,ha attribuito all'Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust) il compito di segnalare al Parlamento le modifiche normative necessarie “al fine di promuovere l’introduzione di principi etici nei comportamenti aziendali”, e di procedere, “in raccordo con i Ministeri della giustizia e dell'interno, alla elaborazione di un rating di legalita' per le imprese operanti nel territorio nazionale;”. Il medesimo articolo stabiliva che del rating attribuito si dovesse tenere conto in sede di concessione di finanziamenti pubblici da parte delle pubbliche amministrazioni, nonche' in sede di accesso al credito bancario.
L’articolo 5-ter della L. 27/2012, se da un lato accoglieva la proposta di Montante, dall’altro sollevava un problema: leggendolo, sembrava di capire che all’ Antitrust fosse stato assegnato il compito di assegnare un rating di legalità a tutte le imprese italiane … una specie di fotografia del livello di legalità dell’intero sistema economico nazionale. Ma su quali basi poteva essere realizzata questa valutazione globale? E con quali tempistiche? Con queste premesse, il rating di legalità sembrava destinato a restare lettera morta …


5. Le modifiche apportate dalla legge 62/2012

I dubbi sono stati (in parte) chiariti dalla legge 62/2012, che, nata per convertire in il Decreto Legge sulle commissioni bancarie, è stata poi estesa ad altri ambiti, sempre inerenti l’attività degli istituti di credito.


(Mi si permetta un inciso: una volta erano di moda i Testi Unici … adesso vanno di moda le “leggi minestrone”: saranno anche cambiati i tempi, ma non si possono emettere norme che parlano di mille cose diverse – introducendo modifiche in tutti gli ambiti possibili e immaginabili – e poi pretendere che il cittadino conosca la legge …).

Così il rating di legalità, introdotto da una legge sulle liberalizzazioni (il nesso non è chiaro), è stato modificato da una legge sulle banche (e in questo caso il nesso è  più chiaro).
La Legge 62/2012 stabilisce che solo le aziende con un fatturato di almeno 2 milioni di Euro (riferito alla singola impresa o al gruppo di appartenenza ) potranno richiedere il rating di legalità all’Antitrust e che, al fine dell’attribuzione del rating, potranno essere chieste informazioni a tutte le pubbliche amministrazioni.
Inoltre, la legge ribadisce che del rating attribuito all’azienda si dovrà tener conto in sede di concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni e in sede di accesso al credito bancario, aggiungendo che “gli istituti di credito che omettono di tener conto del rating attribuito in sede di concessione dei finanziamenti alle imprese sono tenuti a trasmettere alla Banca d'Italia una dettagliata relazione sulle ragioni della decisione assunta”
La legge 62/2012 è stata pubblicata in gazzetta ufficiale il 21 maggio 2012. Il rating di legalità, però, non sarà immediatamente in vigore. Infatti, entro 90 giorni l’Antitrust dovrà definire i criteri e le modalità per il calcolo del rating e Il Ministero dell’ Economia e delle Finanze dovrà emettere un decreto, definendo le modalità «agevolate» di finanziamento pubblico e accesso al credito, riservate alle aziende che dispongono di un rating di legalità


5. Rating di legalità: priorità e criteri di calcolo … l’opinione del ministro …

Dunque, è stato chiarito che il rating di legalità sarà uno strumento volontario, di cui le aziende potranno servirsi, per agevolarsi nei rapporti con le banche e le pubbliche amministrazioni.
E’ quindi di primario interesse, per le impresa, sapere quali saranno i criteri che, in futuro, l’ Antitrust utilizzerà per definire loro il rating di legalità. Non ci sono ancora, purtroppo, indicazioni certe in merito
Tuttavia, il Ministro della Giustizia Paola Severino, già nel mese di marzo, aveva espresso la propria opinione sul  rating di legalità, definendolo “una proposta estremamente seria che riguarda non soltanto le imprese che rifiutano di pagare il loro terribile tributo alla mafia, ma anche le imprese che si dotano di modelli di organizzazione idonei a prevenire il reato”, vale a dire le imprese che si sono dotate di Modelli 231 finalizzati alla prevenzione dei reati di criminalità organizzata.
Se tale orientamento fosse confermato dall’ Antitrust, molto probabilmente, quindi, in futuro le aziende che si doteranno di Modelli 231 potranno ottenere un rating di legalità più alto ed accedere più facilmente a finanziamenti pubblici e al credito bancario.

Stiamo a vedere … vi terrò informati


Scritto da Andrea Ferrarini (Consulente Modelli Organizzativi ex d.lgs 231/2001)
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mercoledì 2 maggio 2012

E’ UTILE ESTENDERE IL D.LGS 231/2001 AI PARTITI POLITICI? Qualche riflessione …


Hanno ricominciato a litigare come due vecchi amanti … i Cittadini e la Politica. E come vecchi amanti, ritornano spesso sullo stesso argomento: il finanziamento pubblico dei Partiti.  Qualcuno chiede di riformarlo, qualcun altro di abolirlo.
E in questa stagione di governi tecnici e di crisi finanziaria, di riforme, di valori (e di vite) che annegano nella recessione, si sta facendo strada, ancora una volta, l’idea che della Politica si possa fare a meno. Che i Partiti se la cavino da soli, dicono in molti, che si facciano finanziare dalle Lobby che sostengono, o dai simpatizzanti con il 5 per mille. E se non ce la fanno, che chiudano i battenti: tanto non è la politica che salva il Paese. Il Paese lo salvano i Tecnici al Governo. O i Sindacati e i Movimenti che occupano le piazze. A seconda dei gusti di ognuno.

Non mi sembra una gran bella idea … credo anch’io che la Politica abbia “perso la bussola” della consapevolezza e dei valori. Che dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur. Che qualcosa vada cambiato. Ma non farei mai rottamare un’automobile che funziona male, prima di averne acquistata una nuova … a meno che preferisca restare a piedi!
Fino ad oggi, nessuno è ancora riuscito ad inventarsi una Democrazia senza Partiti: quando il confronto politico viene meno e i problemi si risolvono invadendo le Piazze, si può fare al massimo una Rivoluzione che, purtroppo, è spesso l’anticamera di una Dittatura …
I Partiti Politici sono uno strumento imperfetto (come spesso lo sono le cose umane), per garantire la pluralità delle idee. E in questo modo, sono un perfetto antidoto ai Totalitarismo (che è sempre la dittatura di una idea, di un ideale, di un interesse o di una classe sociale).
Credo sia giusto, direi anche etico, che i Cittadini di uno Stato finanzino e tutelino il proprio imperfetto strumento per garantirsi dal male peggiore di una dittatura: i Partiti non devono scomparire, devono solo funzionare meglio. Devono responsabilizzarsi, imparare a gestire correttamente i soldi pubblici di cui sono beneficiari, al pari di qualunque altra impresa privata, associazione o ente pubblico.

In quest’ottica, potrebbe essere utile considerare l’ipotesi di estendere la responsabilità penale degli Enti, sancita dal d.lgs 231/2001, alle organizzazioni politiche.
Il Decreto Legislativo 231/2001 stabilisce che le aziende e le associazioni (anche prive di personalità giuridica) rispondano per i reati compiuti dai loro rappresentanti e dipendenti nel loro interesse, subendo sanzioni pecuniarie e, nei casi più gravo, anche la sospensione della propria attività. Per non essere ritenute responsabili, ed essere sanzionate, aziende e associazioni devono dotarsi di modelli organizzativi e di controllo per la prevenzione dei reati, e dimostrare che chi ha commesso il reato ha volutamente raggirato il modello, agendo in contrasto con le procedure di legalità e la cultura dell’Ente.
Partiti Politici ed Enti Pubblici non economici sono stati esclusi dal campo di applicazione del d.lgs 231/2001 in quanto enti di rilievo costituzionale. Una scelta, a prima vista, certamente sensata: non si può dare a un Tribunale la possibilità di sospendere l’attività di un Partito o di un Ente Pubblico. Sarebbe una cura peggiore del male.
Purtroppo, l’esclusione degli Enti di rilievo costituzionale dal d.lgs 231/2001 non ha consentito la diffusione, negli Enti Pubblici e nei Partiti Politici, dei modelli organizzativi e di controllo e dei sistemi di prevenzione dei reati, che invece si sono diffusi nelle imprese private.
Attualmente, la Camera sta valutando un disegno di legge anticorruzione, che estenderebbe agli Enti Pubblici l’obbligo di dotarsi di Piani di Prevenzione dei reati, sul modello di quelli previsti proprio dal Il decreto legislativo 231/2001.
Allo stesso modo, si potrebbe pensare di estendere il d.lgs 231/2001 anche alle organizzazioni politiche, magari prevedendo che i Partiti rispondano dei reati commessi dai loro esponenti e iscritti, a meno che non di dotino di modelli organizzativi e di controllo finalizzati a prevenire le attività illecite.
Questa estensione di responsabilità potrebbe legarsi ad una possibile riforma del sistema dei i rimborsi elettorali, per esempio prevedendo la sospensione dei finanziamenti pubblici, nel caso in cui siano compiuti reati nell’interesse di un Partito.
In tutti i casi, l’estensione del d.lgs 231/2001 alle organizzazioni politiche non potrà mai prevedere la possibilità di sanzioni interdittive: al di fuori dei casi già consentiti dalla legge, e in tempo di pace, nessuno può imporre ad un Partito Politico di sospendere la propria attività. Questo a garanzia, ancora una volta, della nostra buona, vecchia e imperfetta Democrazia…



Scritto da Andrea Ferrarini (Consulente Modelli Organizzativi ex d.lgs 231/2001)
http://it.linkedin.com/in/andreaferrarini - andreaferrarini@inwind.it