giovedì 14 aprile 2011

Anche le strutture sanitarie a partecipazione pubblica sono soggette al d.lgs 231/2001.

Una importante sentenza della Corte di Cassazione (Sez. 2 Penale, Sentenza 21.7.2010, n. 28699), chiarisce definitivamente che tutti gli enti devono dotarsi di MODELLI 231, anche se promuovono valori e diritti costituzionalmente rilevanti. Sono esonerati solo gli enti di rilevanza costituzionale, cioè quanto meno citati nella Costituzione.
Nel gennaio del 2010 nell’ambito di un procedimento penale per truffa ai danni dello stato, il GIP del tribunale di Belluno aveva disposto, ai sensi del d.lgs 231/2001, il sequestro preventivo dei beni di una struttura ospedaliera specializzata, che operava in forma di società per azioni partecipata al 49% da capitale privato e al 51% da capitale pubblico. Il sequestro, di oltre due milioni di euro, insisteva sul bilancio della struttura ospedaliera e di una sua partecipata.
Con ordinanza 26.2.10 il Tribunale di Belluno, sezione riesame, aveva però annullato la misura cautelare sul presupposto dell’inapplicabilità del d.lgs 231/01 alla struttura ospedaliera, in quanto ente pubblico.
Il PM del Tribunale di Belluno ha fatto ricorso in Cassazione contro l’annullamento del sequestro, sostenendo che la struttura, pur essendo partecipata per il 51% da capitali pubblici, operava in forma di Società per Azioni, senza che la Ulss n. 1 di Belluno svolgesse adeguati controlli sul suo operato. Una ulteriore  prova dell’applicabilità del D.lgs. 231/2001 anche agli enti che svolgono pubblici servizi era, secondo il PM, il fatto che la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche era prevista in connessione anche con reati come la concussione, in cui la necessaria qualifica soggettiva del soggetto agente postulava la natura pubblicistica dell’attività espletata.
La Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato, stabilendo che “la natura pubblicistica di un ente è condizione necessaria, ma non sufficiente, all’esonero della disciplina in discorso, dovendo altresì concorrere la condizione che l’ente medesimo non svolga attività economica”.
Nel caso in esame specie mancava la prima condizione, vale a dire l’assenza di attività economica, in quanto la struttura sanitaria era una società per azioni e “ogni società, proprio in quanto tale, è costituita pur sempre per l’esercizio di un’attività economica al fine di dividerne gli utili (ai sensi  dell’art. 2247 c.c.), a prescindere da quella che sarà –poi- la destinazione degli utili medesimi, se realizzati”.
Nel richiedere il rigetto del ricorso in Cassazione, la difesa della struttura ospedaliera aveva insistito sull’inapplicabilità della disciplina del d.lgs n. 231/01, in quanto la struttura (operando in ambito sanitario) sarebbe stata qualificabile non solo come ente pubblico, ma anche come ente chiamato a svolgere funzioni di rilievo costituzionale (cfr. art. 32 della Costituzione italiana: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”)
Questo’assunto, per la Suprema Corte, è manifestatamene infondato perché l’esclusione degli enti di rilevanza costituzionale dalla disciplina della responsabilità d’impresa (prevista dallo stesso d.lgs 231/2001), è motivata dalla “necessità di preservare enti rispetto ai quali le misure cautelari e le sanzioni applicabili ai sensi del d.lgs n. 231/01 sortirebbero l’effetto di sospendere funzioni indefettibili negli equilibri costituzionali”.
La struttura sanitaria, pur svolgendo una attività di indubbio valore costituzionale (la tutela della salute pubblica)  non era, di suo, un ente di rilevanza costituzionale, in quanto questa qualifica è riservata esclusivamente agli enti menzionati nella Carta costituzionale. “Né si può qualificare come di rilievo costituzionale la funzione di una SPA, che è pur sempre quella di realizzare un utile economico”.
D’altro canto, conclude la Cassazione, se bastasse  – per l’esonero dal d.lgs 231/01 – la semplice rilevanza costituzionale di uno dei valori più o meno coinvolti nella funzione di un ente,  si giungerebbe “all’aberrante conclusione di escludere dalla portata applicativa della disciplina un numero pressoché illimitato di enti operanti non solo nel settore sanitario, ma in quello dell’informazione, della sicurezza antinfortunistica e dell’igiene del lavoro, della tutela dell’ambiente e del patrimonio storico e artistico, dell’istruzione, della ricerca scientifica, del risparmio e via enumerando valori (e non “funzioni”) di rango costituzionale”.
Scritto da ANDREA FERRARINI ( http://www.linkedin.com/in/andreaferrarini )

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