giovedì 21 aprile 2011

Thyssen: una svolta "epocale"

Fonte: La Stampa on line
http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/398125/

TORINO
La Corte di Assise di Torino ha riconosciuto l’omicidio volontario con dolo eventuale per i sette morti del rogo alla Thyssen. L’amministratore delegato Herald Espenhahn è stato condannato a 16 anni e mezzo di reclusione come richiesto dalla pubblica accusa.

Le condanne nei confronti dei manager sono sei. La Corte ha accolto infatti le richieste dell’accusa anche per gli altri imputati: Marco Pucci, Gerald Priegnitz, Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri, tutti condannati a 13 anni e mezzo di reclusione. Per l’imputato Daniele Moroni la pena comminata è stata di 10 anni e 10 mesi, superiore ai nove anni richiesti dall’accusa.

Le reazioni
«E’ una svolta epocale, non era mai successo che per una vicenda di morti sul lavoro venisse riconosciuto il dolo eventuale», ha detto il pm Raffaele Guariniello mentre l’aula accoglieva la sentenza con un applauso. Una condanna – ha detto – non è mai una vittoria o una festa. «Però questa condanna può significare molto per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Credo che da oggi in poi – ha concluso – i lavoratori possano contare molto di più sulla sicurezza e che le imprese possano essere invogliate a fare molto di più per la sicurezza».

La protesta dell’azienda
All’azienda, invece, la decisione dei giudici appare «incomprensibile e inspiegabile». «È sconsolante», dice il legale, l’avv. Cesare Zaccone, annunciando un appello dal quale però crede già «di non ottenere molto di più». Al sindaco di Terni, Di Girolamo, sembra che «questa volta la giustizia sia stata ingiusta e abbia calcato troppo la mano». Dice di non capire la decisione dei giudici torinesi e che la sentenza «è punitiva nei confronti dell’azienda e dei lavoratori che – secondo lui – ora si troveranno in difficoltà». Ai parenti delle vittime, però, anche stasera, la Thyssenkrupp esprime «il suo più profondo cordoglio e rinnova il suo grande rammarico per il tragico infortunio avvenuto in uno dei suoi stabilimenti».

La politica
Alla lettura della sentenza, in un’aula stracolma, i parenti applaudono con la forza che libera da un incubo, si stringono in abbracci, qualcuno piange, qualcuno resta immobile, quasi impassibile, uno si sente male e lo adagiano su una barella. Tutti ringraziano il pm Raffaele Guariniello che sulla sentenza è lapidario. «Deve fare sperare i lavoratori – dice – e far pensare gli imprenditori». Per il Ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, la sentenza è la dimostrazione che in Italia ci sono leggi «adeguate anche nel caso delle violazioni più gravi». Politica e sindacato, da Vendola a Delfino, da Fassino a Ferrero, da Chiamparino a Cota, da Airaudo a Cremaschi, da Landini a Farina, con toni e sfumature diverse, sottolineano la portata storica della sentenza, sperano che possa aiutare a fermare le morti bianche e lo stillicidio di chi perde la vita per lavorare.

La vicenda
È la notte del 6 dicembre 2007, quando un violento rogo divampa all’interno dell’acciaeria, in corso Regina Margherita: da una vasca fuoriesce una quantità di olio bollente in pressione, che in pochi attimi sviluppa un incendio. Non è la prima volta che accade: un episodio simile, senza vittime, si era già verificato. Gli operai vengono travolti dal fuoco. Un lavoratore muore dopo pochi minuti, altri sei perdono la vita nei giorni successivi. Si chiamano Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò, Bruno Santino, Antonio Schiavone, Roberto Scola. Il processo è lungo e segnato da molti colpi di scena. Da una serie di testimonianze, emergono carenze nel sistema di sicurezza. A scatenare le polemiche sono soprattutto i legali dell’azienda quando indicano possibili «colpe» degli operai nel rogo dell’impianto. Salvo poi smentirsi: alle vittime non sono imputabili responsabilità precise, sottolineerà poi la Thyssen.

Il processo
Il procedimento si apre il 15 gennaio 2009 nel Palazzo di giustizia di Torino. Sul banco degli imputati l’amministratore delegato della multinazionale tedesca, Harald Espenhahn, accusato di omicidio volontario con dolo eventuale. Imputati anche l’azienda come persona giuridica e altri cinque dirigenti, accusati di omicidio colposo aggravato: Cosimo Cafueri, Daniele Moroni, Gerald Prigneitz, Marco Pucci, Raffaele Salerno. Il pubblico ministero è Raffaele Guariniello. La Corte d’Assise respinge la costituzione di parte civile per oltre 50 operai: questi firmarono un verbale di conciliazione, accettando la concessione di una somma in cambio della rinuncia alla richiesta di risarcimento. Centinaia di testimoni vengono ascoltati da entrambe le parti. Il 13 febbraio 2009 viene mostrato in aula un video choc della polizia scientifica che mostra le immagini del cadavere di Antonio Schiavone, il primo operaio deceduto nella tragedia. Molti parenti escono dall’aula. Nelle udienze successive iniziano a emergere le carenze della sicurezza. Vengono chiamati a testimoniare anche tre ispettori della Asl 1 di Torino, accusati di aver favorito la multinazionale con controlli annunciati e prescrizioni tardive, ma si avvalgono della facoltà di non rispondere.

Le condanne
Dopo una serie di ulteriori sedute, e diversi rinvii, inizia la requisitoria dei pm: Guariniello chiede 16 anni e mezzo di reclusione per Espenhahn, 13 anni e 6 mesi per quattro dirigenti, 9 anni per il quinto. La difesa chiede invece assoluzione piena per tutti gli imputati. Fino all’epilogo della sentenza

Scritto da ANDREA FERRARINI ( http://www.linkedin.com/in/andreaferrarini )

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